Team HR Corpi non conformi​

Una squadra, diverse sensibilità. Il racconto di sei cherries e del rapporto unico con il proprio corpo. Esperienze personali che nella condivisione danno forma a una cultura più inclusiva.

Valorizzare tutte le diversità significa accogliere pensieri, visioni e attitudini differenti, mettendo ogni contributo a fattor comune per farlo fruttare al meglio. Un impegno che in Cherry Bank rafforziamo ogni giorno con azioni condivise, progetti di sensibilizzazione e un approccio fattivo alla cultura dell’inclusione per arricchire la squadra di rispetto reciproco, equilibrio e parità. Da qui la partecipazione della Banca a 4 weeks 4 inclusion, grande maratona digitale sul lavoro e l’inclusione, con un evento dedicato dal titolo “Cherry Break – Una Pausa Inclusiva” in live streaming mercoledì 8 novembre 2023. Un momento di confronto e condivisione a più voci sulle tematiche D&I in relazione all’argomento “corpi non conformi”, filo conduttore di #4w4i. E proprio su questo tema che coinvolge ognuno e ognuna di noi, le cherries del team HR hanno voluto metterci la faccia, raccontando il rapporto con il proprio corpo. Una relazione personale, vissuta diversamente dalle donne e dagli uomini, che cambia nel tempo e attraverso le esperienze nella vita e nel lavoro.

Emanuel Nalli​

Responsabile Organizzazione, ICT e HR

C’è stato un periodo, in adolescenza, in cui erano di moda i capelli ossigenati. Potevo non provare? Assolutamente, e ovviamente l’ho fatto in modo artigianale usando (di nascosto) l’acqua ossigenata che avevo in casa. Il risultato è stato un disastro: capelli arancioni. Un imbarazzo a scuola, e specialmente in classe, che non poteva essere gestito se non con un taglio drastico dei capelli che ha portato a rendere evidente un aspetto della mia fisicità con cui ho sempre bisticciato, le orecchie a sventola. Le ho sempre camuffate mantenendo i capelli più lunghi e poi, da adulto, facendo crescere la barba. Si è trattato di un episodio che in quella fase di maturazione mi ha portato a riflettere con consapevolezza su quanto anche un piccolo imprevisto condizioni la percezione del proprio corpo e la relazione con gli altri.

Marianna Lorniali​

HR Manager

Spesso il riflesso del mio corpo allo specchio mi ha fatto versare più di qualche lacrima. Forse più che dagli altri, a volte sono stata io stessa a discriminarmi, per la paura di non essere accettata per com’ero. Da piccola, come molte persone, sono stata presa in giro, e credo che questa cosa, seppur in modo latente, abbia sempre un po’ condizionato in me l’interpretazione del mio aspetto fisico e il modo di relazionarmi agli altri. La mia mente filtra e forse un po’ deforma la mia figura, o forse semplicemente concentra lo sguardo solo su alcuni punti che gli altri neppure notano. Anche oggi io e la mia immagine litighiamo e ci riconciliamo quasi quotidianamente. È un percorso di accettazione in equilibrio tra mente e corpo.

Laura Sut

Operations AML ​

Per me la forma del corpo è strettamente correlata allo sport, che ho sempre praticato, dalla corsa all’escursionismo, fino alle discipline in palestra. Ad oggi, quando possibile, non mi perdo una sessione di spinning. Un’attività che mi regala sorrisi, mi distende e mi fortifica, plasmando corpo e anima attraverso la fatica. In questa fase della mia vita, dopo la gravidanza, sto vivendo un periodo di conflitto con il mio corpo, perché braccia e gambe non hanno più la forma tonica di un tempo e la risposta agli allenamenti è ancora faticosa e sottotono. È come se non mi riconoscessi più. Ma come mi ripeto sempre è la testa che fa la differenza e sono convinta che con costanza e pazienza riprenderò la resistenza fisica che mi apparteneva. Maratone e ferrate ritorneranno a modellare i miei muscoli.

Veronica Malvestio​

HR Administration & Payroll

Ho sempre avuto un buon rapporto con il mio corpo anche se la fase dell’adolescenza mi ha messo a dura prova. Anni e anni di apparecchio hanno sistemato il sorriso, mentre il corpo, crescendo, è inevitabilmente cambiato. Una parte che un po’ mi mette a disagio sono i fianchi, ma con gli anni ho imparato ad accettarmi per come sono, valorizzando altre parti del mio fisico. Nel lavoro fortunatamente non sono mai stata discriminata per questo motivo, ma da bambina ricordo che una compagna che praticava danza classica mi ha definita “balena” perché non avevo un corpo esile quanto il suo. Ho sempre pensato che la bellezza non si fermi al corpo, ma comprenda tutto ciò che siamo: come pensiamo, come parliamo, come sorridiamo, come aiutiamo gli altri e amiamo noi stessi.

Giuseppe Di Martino​

Talent Acquisition Specialist

Nel mio rapporto con il corpo, ad oggi la mia gamba sinistra gioca un ruolo centrale. Ho subito un infortunio giocando a futsal un po’ di anni fa. Un imprevisto, causato dallo strappo del quadricipite sinistro, che mi ha procurato problematiche al ginocchio e diversi stiramenti al polpaccio, costringendomi a mettere in stand-by per molto tempo l’attività sportiva. Quello che ora mi segna in modo più evidente è però una cicatrice che divide il muscolo a metà e che appare visibile in situazioni ludiche, come al mare o quando pratico sport. È una condizione che mi provoca sensazioni di insoddisfazione estetica. Non sono mai stato discriminato per questo, tuttavia penso spesso di voler ricorrere a un intervento chirurgico e probabilmente lo farò in un prossimo futuro.

Federica Ambrosi​

HR Training Specialist

Nella fase immediatamente successiva alla maternità ho vissuto con un certo disagio il rapporto con la mia fisicità. In gravidanza ero cresciuta di 17 kg, ma in quei nove mesi ho amato il mio corpo e la sua trasformazione, ogni giorno. Dopo la nascita della mia bambina, nonostante la gioia che comportava l’essere diventata mamma, mi sono trovata in una fase molto delicata. A tutti i cambiamenti legati alla nuova vita, si aggiungeva la difficoltà di riconoscere e accettare il mio corpo così trasformato con smagliature, chili di troppo, e curve molto più morbide. Mi sono sentita a disagio nel guardarmi allo specchio, e ho provato vergogna quando si trattava di mettermi in costume. Oggi, mentre vedo crescere mia figlia, guardo questo mio stesso corpo da una nuova prospettiva, penso al lavoro straordinario che ha fatto e quei “difetti” diventano i segni di un’esperienza indescrivibile.

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